sabato 22 maggio 2010

MEDIA EDUCATION





Consiglio anche un secondo testo molto interessante e ricco di spunti operativi (con CD ROM allegato) per un'esperienza di Media Education a scuola.
Segnalo inoltre un sito altrattanto interessante.

Buona connessione!!
http://www.medmediaeducation.it/

2° Sincrono Prof. Rivoltella

1° sincrono Prof. Rivoltella

CONNETTIVISMO di Siemens

Per cercare di spiegare una nuova modalità di apprendere basata sul paradigma delle reti, è emersa recentemente una nuova teoria dell'apprendimento nell'era digitale, denominata connettivismo, formulata per la prima volta da George Siemens sulla base delle sue analisi dei limiti che teorie quali il comportamentismo, il cognitivismo e il costruttivismo evidenziano nel tentativo di spiegare gli effetti dell'uso delle tecnologie sul nostro modo di vivere, di comunicare, di apprendere. Il connettivismo si rapporta alla teoria dell'apprendimento abbinata ai nuovi strumenti della tecnologia

Aspetti
Un aspetto peculiare del connettivismo è l'uso della rete con nodi e connessioni come metafora centrale per spiegare come avviene l'apprendimento.
In questa metafora, un nodo è qualunque cosa che possa essere connessa ad un altro nodo: informazioni, dati, immagini, sentimenti. L'apprendimento è un processo che crea delle connessioni e sviluppa una rete. Non tutte le connessioni, in questa metafora, sono dotate di uguale forza nella rete; in realtà, molte connessioni possono essere abbastanza deboli.

Principi del connettivismo
-L'apprendimento e la conoscenza si fondano sulla differenza di opinione.
-L'apprendimento è un processo di connessione di nodi specializzati o fonti di informazione.
-L'apprendimento può essere residente in applicazioni non umane.
-La capacità di sapere di più è più importante di quanto già si sa al momento.
-Alimentare e mantenere le connessioni è necessario per facilitare l'apprendimento permanente.
-La capacità di individuare connessioni fra campi, idee e concetti è un'abilità centrale.
-La validità (conoscenze esatte e aggiornate) è l'intento di tutte le attività di apprendimento di stampo connettivista.
-Prendere delle decisioni è esso stesso un processo di apprendimento: saper scegliere cosa imparare e il significato delle informazioni in entrata è visto attraverso la lente di una realtà in mutamento. Se adesso c'è una giusta risposta, essa potrebbe rivelarsi errata domani a causa delle alterazioni del clima delle informazioni che influenzano la decisione.

Un testo di riferimento irrinunciabile per conoscere i principi che sottendono questa teoria è Knowing Knowledge, di George Siemens.

Il connettivismo nell'e-learning
Mohamed Ally delll'Università di Athabasca, Canada, sostiene il connettivismo considerandolo una teoria dell'apprendimento più appropriata per l'e-learning rispetto a meno recenti teorie quali comportamentismo, cognitivismo e costruttivismo. La sua posizione si fonda sull'idea che il mondo è cambiato diventando più interconnesso attraverso la rete, quindi le teorie dell'apprendimento che si sono sviluppate prima di questi cambiamenti globali sono meno pertinenti. Tuttavia, Ally sostiene che “ciò che occorre non è una nuova teoria stand-alone per l'età digitale, ma un modello che integri le differenti teorie per guidare la progettazione dei materiali on line”.

Critiche al connettivismo
Il connettivismo è stato soggetto anche a critiche su parecchi fronti.
Pløn Verhagen ha sostenuto che il connettivismo non è una teoria dell'apprendimento, ma piuttosto una “visione pedagogica.” Verhagen afferma che le teorie dell'apprendimento dovrebbero trattare del livello educativo (come si impara), invece il connettivismo si rivolge al livello curricolare (che cosa si impara e perché si impara).
Bill Kerr, un altro critico del connettivismo, crede che, sebbene le tecnologie influenzino gli ambienti di apprendimento, le teorie attualmente esistenti sono sufficienti per spiegare la riflessione sui modi di prodursi della conoscenza nell'era digitale.
Anche Antonio Calvani mette in guardia dai facili entusiasmi, soprattutto quando in queste teorie si cerca di coinvolgere il mondo della scuola pretendendo che essa si adegui ai nuovi principi sottovalutando la complessità di operazioni tecniche e cognitive cui si perviene solo dopo un lungo ed articolato percorso formativo, percorso basato anche sull'apporto della cultura tradizionale. " Un trasferimento selvaggio del connettivismo alla scuola può indurre a credere che basti mettere gli allievi in rete per produrre conoscenza, consolidando quel famoso stereotipo diffuso, secondo cui più tecnologie si usano, in qualunque modo lo si faccia, e meglio è per l'apprendimento."

Tratto da Wikipedia

Testo che vi consiglio



A scuola con i media digitali
A cura di Piercesare Rivoltella e Simona Ferrari
Problemi, didattiche, strumenti. [Edito da Vita e Pensiero]
Libri
Pubblicato: 23 febbraio 2010


I media digitali stanno trasformando le pratiche di consumo dei giovani. Mobilità, socialità, marcata autorialità, ne fanno un crocevia per le logiche di costruzione della cultura, l’educazione, la cittadinanza. La scuola e, in generale, le agenzie educative non possono non raccogliere la sfida che proviene da questi dispositivi, veri e propri ambienti per gli individui e i contesti in cui essi operano e interagiscono. Il volume raccoglie in questo senso i risultati di una riflessione condotta negli ultimi anni dal CREMIT (Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Informazione e alla Tecnologia) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore sia sul versante della concettualizzazione teorica sia della sperimentazione educativa. Il CD-Rom allegato, oltre ai materiali della ricerca, contiene un numero cospicuo di schede didattiche espressamente rivolte a insegnanti, animatori socio-culturali, educatori.

Gli Autori
Piercesare Rivoltella è professore ordinario di Didattica e tecnologie dell’istruzione presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica di Milano. Direttore del CREMIT (Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Informazione e alla Tecnologia), è presidente della SIREM (Società Italiana di Ricerca sull’Educazione Mediale). Si occupa nella sua ricerca di Media Education e tecnologie didattiche e dirige la rivista «REM – Research on Education and Media». Trai i suoi ultimi lavori: Screen generation (Vita e Pensiero, Milano 2006), Digital Literacy (Herschey, 2008), Media e tecnologie per la didattica (con Paolo Ardizzone, Vita e Pensiero, Milano 2008).

Simona Ferrari è assegnista di ricerca presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica di Milano. Dottore di ricerca in Psicologia dei processi linguistici e comunicativi, è coordinatore del CREMIT, Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Informazione e alla Tecnologia), dell’Università Cattolica. Interessata ai temi della valutazione e della formazione degli insegnanti nel campo delle tecnologie didattiche, è autrice di numerosi saggi ed articoli. Ha pubblicato Giochi di rete (Milano 2006).

giovedì 8 aprile 2010

I BLOG



WOW ormai è diventata una pratica globale: ACTING GLOBALLY

mercoledì 17 marzo 2010

Per essere filosofi ci vuole un maestro



Insegnare vuol dire sedurre. Il docente deve trasmetterci la passione.
...Come ho rivissuto lo splendido percorso con Andreas...GRAZIE ANCORA!!

«C’è più da fare a interpretare le interpretazioni che a interpretare le cose, e ci sono più libri sui libri che su altri argomenti: non facciamo che commentarci a vicenda. Tutto pullula di commenti; di autori, c’è grande penuria»: adesso più che mai le parole di Montaigne, nella splendida e ormai storica traduzione di Fausta Garavini, suonano di grande attualità. Proprio in questi ultimi anni, a causa di una serie di insensate e sciagurate riforme, i classici della filosofia e della letteratura occupano un posto sempre più marginale nelle scuole e nelle università. Gli studenti percorrono le tappe della loro carriera nutrendosi di manuali, commenti, antologie, bignamini di ogni genere. Sentono parlare e leggono notizie di oggetti, i classici, di cui, nei casi migliori, conoscono solo qualche pagina presente nei numerosi «florilegi» che hanno invaso il mercato dell’editoria scolastica e universitaria.

Purtroppo questa tendenza non nasce dal nulla. Al contrario: diventa espressione di una società sempre più stregata dal mercato e dalle sue leggi. La scuola e le università sono state equiparate alle aziende. I presidi e i rettori, spogliati dei loro panni abituali di professori, vestono gli abiti di manager. Spetta a loro far tornare i conti, rendere competitive le imprese di cui sono a capo. Innanzitutto il «profitto»: bisogna rispettare i tempi nei parametri previsti dai nuovi protocolli ministeriali.

Ma allora che fare? Invitare gli studenti a lavorare di più per compiere il loro itinerario nei tempi e nei modi migliori? Oppure ridurre le difficoltà per rendere più agevole il raggiungimento del traguardo? Questi anni di applicazione della riforma hanno ormai rivelato con chiarezza che è stata la scelta della semplificazione, per non dire della banalizzazione, a dettare legge negli atenei. Fatta salva qualche piccola isola, ormai la pedagogia edonistica ha incancrenito i gangli vitali dell’insegnamento. Pensare di inserire la lettura integrale dei «Saggi» di Montaigne o di qualche dialogo di Platone potrebbe essere considerato come una seria minaccia alla prosperità dell’azienda e l’incauto professore potrebbe finire anche sotto «processo».

Eppure, come ricorda George Steiner, sembra impossibile concepire qualsiasi forma di insegnamento senza i classici. L’incontro tra un docente e un discente presuppone sempre un «testo» da cui partire. Senza questo contatto diretto sarà difficile che gli studenti possano amare la filosofia o la letteratura e, nello stesso tempo, sarà molto improbabile che i professori possano esprimere al meglio le loro qualità per stimolare passione e entusiasmo nei loro allievi. Si finirà per spezzare definitivamente quel filo che aveva tenuto assieme la parola scritta e la vita, quel circolo che ha consentito a giovani lettori di imparare dai classici ad ascoltare la voce dell’umanità e, poi col tempo, dalla vita a comprendere meglio i libri di cui ci si è nutriti. Gli assaggi di brani selezionati non bastano. Un’antologia non avrà mai la forza di suscitare reazioni che solo la lettura integrale di un’opera può provocare.

E all’interno del processo di avvicinamento ai classici, anche il professore può svolgere un ruolo importantissimo. Basta leggere le biografie o le autobiografie di grandi studiosi per trovare quasi sempre un riferimento a un docente che durante gli studi liceali o universitari è stato decisivo per orientare gli interessi verso questa o quella disciplina. Ognuno di noi ha potuto sperimentare quanto l’inclinazione per una specifica materia sia stata, molto spesso, determinata dal fascino e dall’abilità dell’insegnante...

...L’insegnamento implica sempre una forma di seduzione. Si tratta, infatti, di un’attività che non può essere considerata un «mestiere», ma che nelle sue forme più nobili e più autentiche presuppone una vera e propria vocazione. «Una lezione di cattiva qualità — ammonisce George Steiner—è quasi letteralmente un assassinio e, metaforicamente, un peccato». L’incontro autentico tra un maestro e un allievo non può prescindere dalla passione e dall’amore. «Non si impara a conoscere — ricorda Max Scheler citando le parole da lui attribuite a Goethe — se non ciò che si ama, e quanto più profonda e completa ha da essere la conoscenza, tanto più forte, energico e vivo deve essere l’amore, anzi la passione».

Oggi purtroppo le aziende dell’istruzione, più attente alla quantità che alla qualità, chiedono ben altro ai loro docenti. Il processo di burocratizzazione che ha pervaso scuole e università prevede per prima cosa la partecipazione attiva alla cosiddetta vita amministrativa. Lo studio e la ricerca sembrano un lusso da negoziare con le autorità accademiche. Quel fenomeno che aveva tenuto assieme, fino a non molti anni fa, insegnamento e lavoro scientifico nelle università italiane appare sempre più un miracolo improbabile.

Non è impossibile immaginare che le stesse biblioteche — quei «granai pubblici », come ricordava l’Adriano della Yourcenar, in grado di «ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire » — finiranno, a poco a poco, per trasformarsi in polverosi musei. All’interno di questo contesto sarà difficile immaginare un docente che insegni con amore e passione e studenti pronti a lasciarsi infiammare. «La gente —annotava Rilke—(con l’aiuto di convenzioni) ha dissoluto tutto in facilità e dalla facilità nella più facile china; ma è chiaro che noi ci dobbiamo tenere al difficile ». Il sapere, come ricordava Giordano Bruno e come ricordano tanti classici della filosofia e della letteratura, non è un dono ma una faticosa conquista.

domenica 14 marzo 2010

La scuola dei 5 in condotta



di Don Mazzi
Siamo tutti enormemente felici per lo tsunami dei cinque in condotta che ha sepolto il primo quadrimestre della scuola italiana, per le smisurate insufficienze in matematica e nelle lingue straniere, per i tre studenti su quattro che alle superiori hanno grosse difficoltà e per i 63.000 ragazzi (10.000 in più dello scorso anno) per pseudobullismo rischiano la bocciatura.
La scuola che si affida alle insufficienze e alle pagelline cimiteriali, dovrebbe farsi delle domande serie. In America sbattono fuori dalla scuola gli insegnanti che bocciano tanto. Noi invece li portiamo in palmo di mano.
Deve essere chiaro per tutti che la condotta e il profitto vanno messe ai primi posti, ma deve essere altrettanto chiaro per tutti che se i primi ad andare ad insegnare demotivati sono i professori, ci vuole molta ipocrisia nel coprire le demotivazioni con i cinque in condotta.
Non abbiamo ancora capito in Italia che i nostri figli passano i quindici anni più importanti della loro vita dentro queste strutture. La scuola moderna non può basarsi sui metodi del passato e legarsi ad una visione di società che dava alla scuola molto meno protagonismo di oggi.
È cambiato il mondo, ma soprattutto sono cambiati gli adolescenti. Va ribaltata la mentalità che vige ancora a livello centrale di itinerari più legati alla burocrazia, alla cultura illuminista e alla sistemazione sindacale degli insegnanti che alle vere esigenze e dotazioni da offrire a giovani che devono attraversare la storia in un momento di grandissima immigrazione e trasformazione tecnologica.
Se vogliamo essere ancora più lungimiranti e corretti, è dalla preparazione universitaria che partirà l’atteggiamento radicalmente diverso dei docenti. Le istituzioni scolastiche oggi sono fortini, avamposti, luoghi di sperimentazione, di ricerca, di voglia di rischiare.
È tra i dieci e i venti anni che impostiamo l’avvenire dei nostri figli, e non possiamo solo accontentarci di attrezzarli solo nelle lingua inglese e nelle matematiche. È lo stato di salute della nostra Italia, il quoziente di civiltà e di cultura che va innervato nel DNA di questi giovanotti esplosivi.
È assurdo imprigionare nei banchi di scuola per ore e ore, nel pieno della esplosione fisica e psichica, uomini e donne che avrebbero bisogno di ben altra atmosfera per riempire il loro cuore e la loro anima di nozioni che si trasformeranno poi in esperienze di vita. È comico vedere un docente dietro la sua cattedrina traballante, con la faccia del finto aggressivo urlare e minacciare note sul libretto e invii al dirigente.
I venti puledri di razza che sono dall’altra parte, non possono essere blanditi con un otto in latino, minacciati con un cinque in condotta. I ragazzi oggi, se sono normali, vanno a scuola malvolentieri. Purtroppo!
In questi giorni pensavo a quanti allievi di don Milani si sarebbero salvati dalle grinfie e dalle ire dei professorini (longobardi!). Amici mi raccontano di un docente di latino che gira tronfio per i corridoi della scuola, forte della quota di bocciati in latino nella sua classe: dodici su ventisei hanno un tre tondo (pare qualche professore si diverta a giocare anche con il tre meno o il tre più!).
Questi signori andrebbero radiati. Se la scuola avesse coscienza e criterio sono proprio questi allievi che andrebbero salvati, cambiati e aiutati.
Vi sono infiniti modi per bocciare qualcuno. Ve ne sono altri infiniti per motivarlo e promuoverlo. Quando applicheremo queste seconde modalità?

giovedì 4 marzo 2010

venerdì 26 febbraio 2010

IL CASO DEI PROFESSORI LICENZIATI



Inserisco una riflessione sulla professionalità docente e sulla disconnessione tra scuola e studenti del collega e giornalista Marco Lodoli:

"In sala professori commentavamo sbigottiti la notizia del licenziamento di ottantotto insegnanti, ossia l’intero corpo docente, di una scuola a Central Falls, povero sobborgo nel Rhode Island, Stati Uniti d’America. Visti i cattivi risultati ottenuti, il bassissimo livello di istruzione degli studenti, i numerosi bocciati, insomma il fallimento totale della scuola, hanno deciso di mandare a casa su due piedi i professori. Qualcuno a quanto pare sarà reintegrato, ma per la maggior parte di loro si prevede una panchina al giardinetto e qualche problema con le bollette da pagare.Anche io insegno in una zona difficile della città, per fortuna fino ad oggi nessuno ha minacciato di licenziarmi, eppure la questione è aperta, nel senso che ogni giorno mi domando: ma i miei allievi imparano abbastanza? E più passa il tempo durante l’anno scolastico, più la risposta somiglia a un no. Quanto sanno questi ragazzi che vedo ogni mattina del periodo ipotetico, della struttura del sonetto, delle figure retoriche nei Sepolcri di Foscolo, della guerra dei Sette anni? Pochissimo. E per i miei colleghi vale lo stesso, anche loro si impegnano alla lavagna per spiegare le loro materie, ma i risultati sono scarsi.Dobbiamo dunque essere presi per le orecchie e accompagnati all’uscita? Dobbiamo essere sostituiti da professori più bravi e determinati, che sapranno come ottenere risultati migliori? E’ innegabile che un certo senso di scoraggiamento e di frustrazione invada la classe insegnante, e questa è già in qualche modo una punizione. Ma è veramente tutta colpa nostra? Come quegli ottantotto teachers siamo incapaci, inadatti, inutili? Prima non era così, io spiegavo e qualcosa arrivava, magari non tutto, magari parte della lezione si perdeva nell’aria, però avevo l’impressione che i miei studenti assorbissero le mie parole.Oggi la situazione è decisamente peggiorata. Tanti argomenti sono invecchiati e sembrano solo cadaveri impossibili da resuscitare. Un ragazzo di Tor Bella Monaca non ha più gli strumenti, la voglia, il piacere di imparare le ottave di Ariosto, la poetica di Ungaretti o le guerre tra Greci e Persiani. Si è allargato un crepaccio che nessun ponte può più ricucire. Il mondo è cambiato così velocemente che ciò che consideravamo importante solo dieci anni fa, oggi è lettera morta. La scuola sta da una parte e la vita, così come oggi viene intesa, da un’altra. Oggi gli insegnanti devono inseguire il mondo, e non lo raggiungono mai. Provocatoriamente: siamo tutti professori di Central Falls, tutta merce avariata che non serve più."

Io non lo penso, ma forse abbiamo ancora molta strada da fare per raggiungere i ns. alunni e continuare il cammino insieme.

LEZIONE UNIVERSITARIA: COME ATTIRARE L'ATTENZIONE ?

Ci sarebbe da discutere sui metodi del Prof. MAH!!!

La pazienza degli insegnanti non è infinita. Lo ha scoperto a proprie spese uno studente universitario americano che, anziché ascoltare la lezione di Fisica del professor Kieran Mullen, docente presso l'Università dell'Oklahoma, si è messo a giocare con il proprio computer portatile. Mullen, senza scomporsi più di tanto, si è avvicinato al banco dello studente e, dopo aver preso il suo notebook, lo ha infilato dentro un cestino nel quale ha versato un grande quantitativo di azoto liquido. "Questo non gli fa molto - ha detto Mullen alla classe, ma forse il messaggio era destinato al proprietario del Pc - ma questo sì” e ha buttato con forza il portatile a terra, distruggendolo in mille pezzi. Prima di lasciare la classe ha voluto dare ai propri studenti un'ultima lezione. "Vi ho fatto questa piccola dimostrazione - ha concluso - perché ritengo sia importante farvi capire che quando si sta in classe bisogna stare attenti e non giocare con i portatili". Sulla propria pagina personale Mullen ha dichiarato di non esser pentito del proprio gesto anzi, ha aggiunto: "Distruggendo il computer di quello studente sono riuscito a migliorare l'attenzione e la concentrazione di tutta la classe. La scena, ripresa con il telefonino da uno studente ha fatto il giro del mondo.

sabato 20 febbraio 2010

COME FAR SPARIRE LE NOSTRE TRACCE


Con la piena volontà di mantenere attivo anche in futuro questo mio blog che ormai sento un pò come il prolungamento della mia zucca vuota, ho trovato questo interessante articolo sulla possibilità di "ripulire" i nostri file e, come dice Paolo Ottolina, visto che Internet è come il maiale e non si butta via niente, ripubblico qui il suo pezzo pubblicato sul Corriere.

Nel mondo reale, sparire non è così difficile. Per lo meno se «Chi l’ha visto?» non si mette di mezzo. Ma cancellare tutte le tracce della nostra vita digitale diventa sempre più complicato. Tra computer, telefonini, email, social network, forum e blog far piazza pulita del mosaico di bit è un’impresa.

Quando si parla di dati memorizzati su pc, una pulizia accurata è possibile. L’importante è seguire qualche avvertenza. Non basta buttare i file nel cestino e svuotarlo. Diversi casi di cronaca recente (da Parmalat al giallo di Garlasco) hanno dimostrato che è possibile ricostruire i contenuti rimossi dal disco fisso. «Quando si svuota il cestino sul pc, i documenti non sono davvero cancellati – spiega Paolo Salin, manager di Kroll Ontrack, azienda leader nel recupero di file danneggiati - Restano accessibili finché non sono sovrascritti». Esistono programmi, anche gratuiti, che permettono il recupero di questi dati. E neppure un intervento più radicale, come la formattazione del sistema, ci mette del tutto al riparo da sorprese.

Il consiglio è allora di ricorrere a un programma specifico di “Wiping” (pulizia) o “Shredding” (“fare a pezzetti”) del disco fisso. Quelli più sofisticati rendono del tutto irrecuperabili i dati, senza danneggiare l’hard disk.
Per i più paranoici l’alternativa è la distruzione fisica del supporto di memoria. Su Internet i consigli abbondano: si va dall’acido muriatico, all’uso di campi magnetici, al forno a microonde (pare ottimo per i cd-rom), fino al più classico “sega elettrica e martello”. «Ma in quest’ultimo caso sinceratevi di ridurlo in pezzetti davvero piccoli, perché se no possiamo recuperarlo», chiosa Paolo Salin che ricorda come furono ricostruiti gli hard disk dello Shuttle Columbia esploso nel 2003. Il discorso è più o meno analogo per i cellulari. Anche qui esistono efficaci software di pulizia.

La faccenda si fa più complessa quando si passa ai dati sul web. Soprattutto se - tra Facebook, MySpace, Twitter e blog - la nostra identità digitale è aggiornata con continuità. Oggi i “cacciatori di teste” esaminano i candidati cercando anche sui social network. Per evitare affannose corse a cancellare vecchi video in cui si fumano sostanze proibite o si tracanna whisky, è meglio tenere presente la posizione del Ceo di Google, Eric Schmidt: «Se c’è qualcosa che vuoi nascondere agli altri, allora non dovresti fare del tutto quella cosa». È la privacy versione XXI secolo.

Il professor Antonio Pizzetti, presidente dell’autorità Garante per la privacy, mette l’accento sull’informazione personale: “I cittadini devono imparare a distinguere tra comunità chiuse, in cui si fa solo “comunicazione”, e pagine web aperte, in cui si applica il codice della privacy. Tenendolo presente si eviterebbero il 90% dei comportamenti illegittimi”.

Le informative dei siti sui personali, aggiunge Pizzetti «non sono ancora adeguate. Abbiamo chiesto un metodo a pop-up del testo, tipo pubblicità, e uno sportello reclami più visibile». La posizione di Google è chiara:«Offriamo agli utenti una reale scelta in merito alla gestione dei loro dati, attraverso strumenti quali la Privacy Dashboard (www.google.com/dashboard), un pannello di controllo dal quale chiunque può controllare e gestire le informazioni del suo account Google», dice la portavoce dell’azienda per l’Italia, Simona Panseri.

Sia Google che Facebook offrono una pagina in cui è possibile cancellare il proprio profilo, rendendo inaccessibili i file su di esso memorizzati. Chi teme di dimenticare in giro per la rete qualche file importante, può rivolgersi a un’azienda specializzata nel ripulire la reputazione online. Ne esistono diverse, da ReputationDefender.com a TigerTwo.co.uk, solo per citarne un paio. Si parte da una decina di euro al mese.

venerdì 12 febbraio 2010

LE TRACCE


Le tracce? Mi fanno venire in mente molte cose, ma soprattutto le orme di un uomo sulla neve e sulla sabbia; orme che indicano che in quel punto è passato qualcuno che ha guardato l'orizzonte, che ha frugato nel terreno per trovare una stella alpina o una conchiglia, che ha sostato per trovare un luogo ricco di silenzio e pace per pensare a sè, agli altri, alla propria vita.
Questo con Andreas è stato un percorso più unico che raro, nel quale ho potuto raccogliere tante conghiglie che ora sono della mia vita e del mio percorso interminabile di apprendimento. Ho inserito nello spazio wiki e in piattaforma IUL le mie mappe concettuali (costruite con Bubbl.us) che mi hanno aiutato a fissare i concetti più significativi e che in futuro mi permetteranno di rivedere link, post e "oggetti" per me importanti: ho tracciato il mio percorso su un documento excel su Google Docs, ho creato le mappe sui momenti chiave della mia "passeggiata" (la lettura dei documenti "Blogoclasse" e "Coltivare le connessioni", gli 8 assignments, l'etica hacker, il copyright e copyleft).
Per me è stata una bellissima passeggiata, spesso mano nella mano con i miei compagni di avventura, spesso con una rassicurante mano sulla spalla di Andreas, in un luogo che io, proprio io, ho sentito sicuro. Una vera terapia!!
GRAZIE A TUTTI, alle persone i cui volti mi sono cari e a coloro che non ho mai visto, a coloro che mi hanno regalato sorrisi, riflessioni e a coloro che mi hanno fatto piangere. Grazie!!

martedì 9 febbraio 2010

Minori, Web ancora a rischio per gli adolescenti: in sette su 10 hanno un profilo su Facebook

Roma, 9 feb. (Apcom) - Sette adolescenti su dieci possiedono un profilo su Facebook e quattro hanno avuto almeno una volta richieste di un incontro dal vivo da parte di uno sconosciuto sul web. E' quanto ha detto oggi il presidente dell'associazione Telefono Azzurro, Ernesto Caffo, intervenendo al convegno "Generazione Y: c'è sicurezza nei nuovi territori digitali?", organizzato in occasione della giornata europea per la sicurezza in Internet. Il dato emerge dal decimo rapporto nazionale sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza, redatto dall'associazione insieme all'Eurispes.

Secondo lo studio il 71,1% dei degli adolescenti possiede un profilo su Facebook, il 17,1% uno su MySpace e il 10,4% uno su Habbo. Per i ragazzi Facebook è uno strumento utile per ritrovare vecchi conoscenti (24%) e per stringere nuove amicizie (14,9%), ma c'è anche chi lo considera un mezzo pericoloso per la propria privacy (5%). La ricerca rivela che quasi metà degli adolescenti ha avuto esperienza di contatti in rete fornendo dati personali (47%) e il 39,8% ha ricevuto almeno una volta richieste di un incontro dal vivo da uno sconosciuto sul web. Aumentano vertiginosamente poi in particolare i bambini sotto gli 11 anni che chattano: se nel 2005 erano poco più del 13%, oggi rappresentano oltre il 40%.

"Ci troviamo - ha spiegato Caffo - di fronte a generazioni curiose che se da un lato dimostrano attenzione e familiarità nei confronti della rete a livello tecnologico, dall'altra non hanno ancora gli strumenti per poter individuare i possibili pericoli. Se non guidati, orientati e consigliati rischiano di cadere nelle trappole che la vita reale purtroppo tende loro quotidianamente". Per aiutare le scuole nel compito educativo su questi temi l'associazione ha redatto, insieme alla polizia delle comunicazioni, un agile libretto pratico sul rapporto tra adolescenti e la Rete, con le cose da sapere e il quadro normativo.

domenica 7 febbraio 2010

Storie di Terra e di Rezdore

Recuperare il passato:

sabato 30 gennaio 2010

De Kerckhove

Ho rubato questo video, dopo averlo visto sul blog di Simonetta, perchè la visione ha "scatenato" in me molte domande che ho scritto in un commento al post, ma che ripropongo anche qui.
"Questo video ha trattato molti argomenti, che senza dubbio avrebbero avuto bisogno di maggiore tempo a disposizione, ma gli spunti di riflessione sono stati tanti:
1)il controllo della notizia
2) la possibilità di utilizzo libero o meno di Internet
3)la censura: rispetto delle culture altre o uniformarsi alla globalità?
4)fiducia nei confronti della notizia in rete o pertinenza dell'informazione?
5)rete= bisogno di relazione?
6)Facebook= controllodell'immagine di sè che si vuole dare? AVATAR
7)pensiero ipertestuale, non più lineare, ma globale!
8)il blog funziona se dici cose che la gente vuole sentire: posti ciò che si pensa veramente o ciò che credi gli altri vogliano sentire? Bisogno di consenso?
9)Realtà 3D: Rinascimento(la prospettiva vista dall'occhio esterno), rete: bisogno di vivere la prospettiva dall'interno?
Quante domande!!"



Buona visione!!

sabato 23 gennaio 2010

Ingegnere Microsoft a 9 anni


Informatica: bambino-genio, a 9 anni ingegnere Microsoft (ANSA) - SKOPJE, 21 GEN - Un bambino-genio macedone di 9 anni e' divenuto il piu' giovane ingegnere in Microsoft System al mondo. Il bambino e' riuscito a superare tutti gli esami richiesti, anche l'ultima prova di esame in Slovenia, dove sta trattando per un progetto di lezioni in formato Full HD. Il giovanissimo genio dell'informatica lavora da un anno circa a tale progetto, che prevede una produzione in inglese e ad uso degli studenti interessati in tutto il mondo.


COSA NE PENSATE?

giovedì 21 gennaio 2010

L'ho ricevuto da un'amica in rinascita e la dedico, di vero cuore, a tutte le donne in rinascita.


sabato 16 gennaio 2010

Pericolo privacy sul Web, dei super "cookies" nascosti spiano gli utenti



Un articolo trovato su www.wired.it a dir poco "rassicurante" per personcine come me che sono spaventate dalla rete. Ci sono però dei buoni consigli per cercare di tutelare la ns. privacy.

"Vi è mai capitato di pensare che qualche sito era meglio navigarlo in sessione privata? Se la risposta è si, leggete attentamente ciò che segue, perché avete decisamente lasciato molte più tracce di quante ne eravate disposti a considerare.

Le sessioni di navigazione privata impediscono ai siti che cliccate di lasciare informazioni nella cronologia e nelle cartelle di file temporanei e cookies. In locale. Ma ci sono altri elementi, più subdoli, nascosti, ben organizzati, che registrano ogni vostra mossa online senza dire una parola. Sono i Flash cookies: prendono nota di ogni movimento o preferenza, anche quando la navigazione è in incognito e sono cross-browser. Quindi sulla cronologia di Explorer vi troverete anche i siti aperti con Opera, Firefox, Safari, Chrome... Più che cookies sono local shared objects, e sono stati programmati per essere più resistenti e più capienti dei semplici cookies. Ogni elemento può accumulare fino a 100.000 diverse informazioni, 25 volte di più di quante ne possa acquisire un cookie del browser.

Comunemente, queste informazioni servono a stabilire se un utente abbia mai visitato un determinato sito, utilizzando questo dato per recuperare più in fretta gli elementi della pagina, caricando solo quelli nuovi, ma sono applicazioni comuni - e comode, ammettiamolo, anche la memorizzazione del nome utente usato per un'autenticazione e il salvataggio delle impostazioni di personalizzazione di un sito o del livello raggiunto in un gioco online.

Secondo un recente studio dei ricercatori della Berkeley University of California, più della metà dei siti utilizza plug-in Flash per registrare gli utenti e qualche informazione su di loro, ma pochissimi parlano di Flash cookies nella pagina della policy sulla privacy. A differenza dei cookies tradizionali, i Flash cookies sono praticamente sconosciuti agli utenti e le loro attività non sono soggette alle restrizioni che si possono impostare dal menu di un browser. Questo significa che anche quando si pensa di aver ripulito il proprio computer dagli elementi traccianti, in realtà è quasi sicuro che non sia così.

Ma c'è di peggio. Secondo la ricerca, utilizzando i dati acquisiti da Flash come backup si possono resuscitare i cookies, anche quando l'utente li ha cancellati dal proprio computer. "Il punto non è regolamentare l'uso dei cookies", sottolinea Ashkan Soltani, studente della Berkeley che ha partecipato alla ricerca. "Se gli utenti non vogliono essere tracciati, allora va regolamentata la possibilità di essere tracciati, non gli strumenti che si usano per registrare i comportamenti online".

Chiedete a chi gestisce un sito e vi dirà che ama avere accesso ai dati degli utenti che gli hanno fatto visita, in modo da poter dimostrare agli inserzionisti quante volte sono stati visti i loro banner e - molto importante - da quanti utenti unici. Senza contare che, analizzando i comportamenti online degli utenti, si possono individuare categorie precise per programmare campagne mirate.
E chi non ha Flash sul proprio computer? Nel 98% dei casi c'è e, in passato, è stato anche uno dei fattori chiave dell'esplosione del video online, potenziando i player di siti come YouTube e Hulu. Motivo in più per averlo.

Tutti i browser ormai permettono di attivare la navigazione privata e decidere quanti e quali dati registrare sul proprio computer. Ma i Flash cookies funzionano in modo differente: innanzitutto sono accumulati tramite una pagina del sito di Adobe (fate una prova: troverete cronologia e dimensione dei file temporanei delle vostre passeggiate in rete) e poi sono più difficili da gestire, soprattutto a causa dei diversi pannelli di controllo relativi a Global Privacy Settings e Website Privacy Settings (ma qual è la differenza?).

I sostenitori dell'advertising mirato non si preoccupano per la violazione della privacy, dato che i cookie in effetti identificano un browser, non una persona. E poi, in fondo, gli utenti ci guadagnano, perché lasciando i loro dati in rete possono avere accesso a banner tarati direttamente sui loro interessi. E ci guadagnano anche alcuni siti, come quelli di informazione. Secondo questa teoria, i Google ads non apparirebbero in particolari notizie, come l'intenzione di alzare le tasse, dato che non ci sono prodotti da pubblicizzare relativi a questo contesto. Ma se l'utente che atterra su quella pagina è profilato come interessato alle auto, allora si visualizzeranno inserzioni del nuovo modello in uscita della propria marca preferita.

Esistono diversi programmi studiati apposta per facilitare la vita ai cookies. Il principale è AddThis, popolare sito di bookmarking (raccoglie oltre mezzo milione di utenti unici al mese) che permette di inviare link o preferiti via mail o di postarli sui propri account di social networking: utilizza Flash per inviare informazioni HTML ai browser e ricostituire i cookie cancellati dal computer, permettendo una navigazione più veloce (in barba alla vostra decisione di cancellare i dati sensibili).

Dall'altra parte della barricata, gli utenti che volessero proteggere a tutti i costi la loro privacy, potrebbero ricorrere a diversi Add-On di Firefox, come BetterPrivacy, NoScript o FlashBlock o scaricare CCleaner, programma freeware (gratuito) di ottimizzazione dei sistemi operativi e pulizia dei file inutili presenti sul pc, inclusi alcuni parametri presenti nel registro di configurazione."

venerdì 15 gennaio 2010

Nobel al WEB



Notizia Ansa apparsa sul web oggi pomeriggio:

Nicholas Negroponte: "Altro che Obama, il Nobel per la pace lo merita Internet". Internet può aspirare al prossimo Premio Nobel per la pace, non solo, la Rete avrebbe meritato il premio già da quest’anno al posto del presidente Usa Barack Obama. È questa l’opinione del padre del Media Lab del Mit, (Massachusetts Institute of Technology), Nicholas Negroponte. Guru della Rete delle reti, Negroponte è diventato uno dei primi promotori della candidatura al prestigioso riconoscimento svedese lanciata dall'edizione italiana di Wired, di cui il Premio Nobel Shirn per la Pace del 2003 Shirn Ebadi è prima firmataria.

Il Web meglio di Obama - Negroponte, che in questi giorni è a Roma per il Festival delle scienze, confessa di non sapere niente dei meccanismi con cui il Nobel per la Pace viene assegnato, ma è convinto che per Internet il premio stato sarebbe decisamente più giustificato rispetto all’onorificenza assegnata ad Obama. “È internet il vero promotore di pace – sostiene Negroponte - anzi, come dico da sempre è un’arma di istruzione di massa. E dunque anche arma di costruzione di massa e di educazione alla pace, perché ha più voce in assoluto sulla pace, tutti leggono Internet. Merita il Nobel molto di più del presidente Usa, di cui resto un convinto sostenitore ma che di pacifico non ha fatto nulla, anzi, pensiamo alla contraddizione di aver inviato nuove truppe in Afghanistan: dovevano giudicare dopo la sua presidenza, non prima”.

La candidatura - Proprio nei prossimi giorni, il direttore della rivista Wired, Riccardo Luna, andrà ad Oslo per formalizzare la richiesta: i nomi da presentare sono quelli di Larry Roberts, Vint Cerf e Tim Berners Lee, considerati i padri di Internet. Secondo Negroponte, se fosse assegnato al Web, il premio dovrebbe essere ritirato dagli "evangelisti" della rete: gli inventori di Arpanet, del World Wide Web, dell'Html e dal padre dell'intelligenza artificiale.

Un computer per ogni bambino - Negroponte crede tanto nell'educazione tramite la nuove tecnologie che tempo fa ha lanciato il progetto One Laptop per Child, un pc per ogni bambino: “Li abbiamo portati in 35 Paesi del mondo, tradotti in 19 lingue, lo hanno in mano un milione e mezzo di bambini nel mondo”. Peru e Rwuanda sono gli ultimi paesi raggiunti. “In Africa non ci sono elettricità né linee telefoniche, ma il nostro pc non ne ha bisogno, ognuno contiene cento libri: sapete che significa distribuire 10mila libri ad un villaggio africano? Dare delle possibilità”.

Nessun limite ad Internet - Il guru della comunicazione si dice poi contrario a qualsiasi limite alla Rete. In Italia si discute dell’ipotesi di imporre regole ad Internet ma Negroponte è categorico: “È una sciocchezza, sulla Rete non servono leggi o regole”. Secondo il professore del Mit basta il “self control: una specie di accordo non scritto che gli utenti di Internet devono adottare per autoregolamentarsi”. E gli abusi? “Purtroppo la parte oscura del Web esiste: è una cosa cui bisogna confrontarsi, che c'è e con cui è necessario convivere, come lo spam, ma è necessario puntare sulla qualità della libertà, non sulla sua eliminazione. Sarebbe come dare la colpa del terrorismo ai telefoni cellulari, l'abuso si combatte con l'educazione, non con i divieti”.

Informazione on line, addio al cartaceo - E per ciò che riguarda l’informazione? Quale futuro per i giornali? Per Nicholas Negroponte “l'informazione non dipende dalla carta e il giornalismo è una professione in crescita, i giornalisti sono dei blogger professionisti, il Web dà maggiori possibilità per inchieste e commenti. Sono anni che io non ho più carta nella mia vita: libri, giornali, lettere, bollette, sparita la carta dalla mia casa, e piano piano sparirà da tutte le case”. Ci guadagnerà anche l’ambiente.

martedì 12 gennaio 2010

EARTHCAM

Non ci volevo credere!!
Stamane sono andata ad un Convegno dal titolo "School Day:nuove tecnologie per la didattica". Era la presentazione delle LIM che verranno distribuite alle scuole italiane nel prossimo futuro (speriamo non aspettino troppo altrimenti saranno di certo già obsolete).
La cosa che mi ha incuriosito e che io, nella mia sterminata ignoranza, non conoscevo, è stato il riferimento ad un sito:
http://www.earthcam.com/usa/newyork/timessquare/?cam=lennon

Beh! Tornata a casa l'ho visionato ed è come.... stare alla finestra. Una cosa incredibile.
La cosa più sorprendente è che mia cognata in questi giorni è per lavoro a New York e, visto il fuso, mi sono detta. Se la chiamo possiamo vederci?
Ci siamo date appuntamento a Times Square da lì a poco e............l'ho vistaaaaaaaaaaa.
Questa si che è connessione: abbiamo comunicato al cellulare la ns. emozione!
Ma ci pensate, nello stesso istante, dall'altra parte del mondo, in diretta, in mezzo alla strada? E' inquietante quanto incredibilmente bello.
Provate anche voi se avete amici sparsi nel mondo!!!

lunedì 11 gennaio 2010


Giada scrive l'ennesimo post di rilevante interesse per me. E' proprio brava ad esprimere i suoi pensieri!!
Vi riporto un tratto che mi ha colpito: "Tutti pensano di saper comunicare e che l’unica difficoltà sia data dal saper gestire i diversi e sempre più numerosi strumenti tecnologici che abbiamo a disposizione. Da quando studio Teorie della comunicazione mi sono resa conto che molto spesso diamo per scontata la nostra abilità nel capire gli altri e nel farci capire da loro. Comunicare è naturale, è vero, in qualsiasi forma lo si faccia, anche con il silenzio o la chiusura in noi stessi, ma comunicare non significa solo trasmettere dei contenuti, significa condividere, aprirsi l’uno all’altro in modo da creare comunione. Senza dubbio il connotato più alto di questa comunicazione “trasparente” è l‘empatia che si attiva nel dialogo come discorso comune che mette in relazione soggetti determinati con il proprio sé, la propria storia, la propria singolarità. E tutto questo va difeso ancora più strenuamente oggi, che siamo quasi sommersi dal rumore di fondo di una comunicazione vuota e superficilale, quando non è pericolosa e nociva. Oggi che le possibilità di confronto con gli altri e di crescita personale sono potenzialmente infinite, oggi che abbiamo veramente la possibilità di ampliare la nostra mente e di conoscere più di quanto avremmo mai immaginato di fare."

Commenterò nel blog di Giada le interessanti parole, ma vi allego una barzelletta che la dice lunga sulla comunicazione. Forse usiamo troppe parole sull'ascolto, ma nel ns. quotidiano?

giovedì 7 gennaio 2010

Ho trovato un bellissimo brano, riferibile al viaggio della conoscenza, che Maria Luisa Faccin, tutor IUL, ha inserito nel forum come buon auspicio per i neo iscritti.
E' vero, non finiremo mai di percorrere la strada della conoscenza.... è questa è la meraviglia della vita!!

Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono e, anche loro, possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si e' seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto non c'e' altro da vedere, sapeva che non era vero. Bisogna vedere quel che non si e' visto, vedere di nuovo quel che si e' gia' visto, vedere in primavera quel che si era visto in estate, vedere di giorno quel che si e' visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui passi gia' dati per ripeterli e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. (J. Saramago. Viaggio in Portogallo)

lunedì 4 gennaio 2010

OER

Stasera, io ed alcune colleghe, stavamo completando il LO (learning object) per un altro esame e non siamo riuscite a trovare una canzoncina che fino a pochi mesi fa era sul sito del British Council.
Il testo l’ho trovato, ma non trovo il brano. Ho anche fatto una ricerca mirata su Google, ma niente.
Vivendo ancora, come già vi ho detto, a JurassicWeb, io proprio non la trovo. Voi, con i vs. potenti mezzi, ci riuscite?

Chi la trova per prima vince un premio! SCHERZOOOO
Grazie per il vs. aiuto

The Solar System (to the tune of “This Old Man”)

Mercury, number one.
It is closest to the sun.
Chorus:
With a round, round, go around
Planets ’round the sun
Sing about them everyone.
Venus bright, number two.
Morning and evening “star” we view.
chorus
Planet Earth, number three.
We live on it, you and me.
chorus
Planet Mars, number four.
Named for a roman god of war.
chorus
Number five, Jupiter.
Colored clouds around it stir.
chorus
Number six, big Saturn.
Many rings around it turn.
chorus
Number seven, Uranus.
It looks blue and green to us.
chorus
Number eight, stormy Neptune.
Triton is its frozen moon.
chorus
Number nine, tiny Pluto.
Farthest from the sun, you know.
chorus

Diario di bordo



Ho creato il mio documento in Google con il diario delle attività svolte nel corso di Editing Multimediale con il Prof. Formiconi.
Ho sentito l'esigenza di aggiungere una colonna "commento all'attività" dov'è racchiuso il "Barbara-pensiero".
E' stato un "viaggio" unico nel suo genere ed ha lasciato parecchie tracce nel mio percorso di apprendimento!!!

http://spreadsheets.google.com/ccc?key=0Aqv3fsZuNrYedEdkQjZaUUdEa0RaWUdtMUFIWmc5ZGc&hl=en

sabato 2 gennaio 2010



Condivido molto le parole che Don Mazzi ha scritto in merito al furto dell'insegna "ARBEIT MACHT FREI" dal campo di concentramento nazista di Auschwitz e, in maniera assolutamente indegna e decontestualizzata dallo specifico avvenimento, ritengo possano essere utilizzate per rispondere ancora a Giada che forse utilizza termini impropri per rendere sensazionali episodi che io continuo a chiamare frutto dell'idiozia di singole persone o di gruppi di persone o che debbono essere riportati a luoghi comuni, stereotipi, pregiudizi e conformismi sociali

"Balordi
E' tempo di balordi! Quando crollano ideali, valori etici, qualità democratiche e carismi dei governanti, possono emergere solo i balordi. Nemmeno i terroristi veri si romperebbero più di tanto se dall'altra parte non vi fossero nemici qualificati da abbattere. Brutto segno!
Non lasciamoci scappare paroloni e non eleviamo a fatto degno di storia una imbecillata operata da mentecatti. Precisato questo, poiché il sangue non è acqua, uno sdegno controllato ha diritto di spazio.
I balordi saranno stati prezzolati? Può darsi. Anche lo fossero stati, solo il cattivo gusto di mandanti trogloditi lo giustificherebbe. Parlare, però, di sommovimenti ideologici mi pare eccessivo. Non trasformiamo le galline in aquile.
E' anche luogo comune che i furbi, brulicanti sempre attorno agli esecutori deficienti, ci ricamino sopra di tutto sui fatterelli (e più sono fatterelli e più i furbi fanno i furbastri). L’odio per gli ebrei non è ancora del tutto sedimentato, il ritorno ad un nazismo dinoccolato e da strapaese serpeggia. A qualcuno fa comodo manipolarlo e buttarlo sul mercato, non per eccesso di raffinatezze politologiche ma per esibizionismo mediatico.
Hyllard Eriksen dice: “Nella società della informazione bisogna essere assolutamente capaci di difendersi dal 99,99% delle informazioni che ci vengono offerte e di cui non abbiamo assolutamente bisogno”.
È ora di comprendere che una pallottola a salve attraverso l’informazione può diventare una bomba micidiale. Manovratori-giocolieri si specializzano nel prendere frammenti di rumore, plasmarli e impastarli fino a convertirli in messaggi dotati di esplosivo.
Lo asserisce Bauman e conclude, con mia meraviglia, dichiarando “che in larga misura sono processi casuali”. Sta qui, credo, l’aspetto più destabilizzante di questi micro episodi. Nascono disordinati e caratteriali, ma ricadono qualche minuto dopo, attraverso l’informazione affrettata e gonfiata, con un peso sproporzionatamente ingigantito.
Cinque balordi che qualcuno ha etichettato come professionisti, tagliano in tre pezzi uno dei simboli più sofferti della storia, certamente ignorando che nel contempo un delicatissimo passaggio sulla beatificazione di Papa Pacelli, avrebbe fatto diventare esplosivo un fatterello degno di un bullista di quartiere.
Si è scomodato mezzo mondo. Gli agenti polacchi hanno chiesto la cooperazione dell’Interpol e dell’Europol, presidiando aeroporti, confini e tutte quelle località sensibili al misfatto. Difficilmente mi lascio affascinare dai fatti che da qualche tempo creano dissesti esasperati.
Anche questa volta sono per banalizzare e dissacrare il triste episodio. Ne approfitterei invece per ritornare su pagine di storia con le nervature ancora scoperte perché elaborate da cattiverie inumane e da cervelli bestiali.
Fa bene, nel periodo di Natale, scoprire lo smisurato bisogno di mitezza che ognuno di noi custodisce nel cuore. La pace non può essere solo un risultato chirurgico ben riuscito o un arcobaleno spuntato sui cimiteri e sugli ospedali da campo.
La pace genuina sa rendere fratelli anche quelli che erano nemici e sa svergognare i portatori “sani” di odi tribali. Il presepio non deve fermarsi solo nel riscaldare l’angolo del salotto di casa e tanto meno esaurire i suoi sogni sotto il pino in piazza Duomo a Milano.
Sono maturi i tempi per credere che fra i popoli più difficili e tra le civiltà più irascibili la parola pace possa trovare un posto anche fuori dal vocabolario."