sabato 2 gennaio 2010



Condivido molto le parole che Don Mazzi ha scritto in merito al furto dell'insegna "ARBEIT MACHT FREI" dal campo di concentramento nazista di Auschwitz e, in maniera assolutamente indegna e decontestualizzata dallo specifico avvenimento, ritengo possano essere utilizzate per rispondere ancora a Giada che forse utilizza termini impropri per rendere sensazionali episodi che io continuo a chiamare frutto dell'idiozia di singole persone o di gruppi di persone o che debbono essere riportati a luoghi comuni, stereotipi, pregiudizi e conformismi sociali

"Balordi
E' tempo di balordi! Quando crollano ideali, valori etici, qualità democratiche e carismi dei governanti, possono emergere solo i balordi. Nemmeno i terroristi veri si romperebbero più di tanto se dall'altra parte non vi fossero nemici qualificati da abbattere. Brutto segno!
Non lasciamoci scappare paroloni e non eleviamo a fatto degno di storia una imbecillata operata da mentecatti. Precisato questo, poiché il sangue non è acqua, uno sdegno controllato ha diritto di spazio.
I balordi saranno stati prezzolati? Può darsi. Anche lo fossero stati, solo il cattivo gusto di mandanti trogloditi lo giustificherebbe. Parlare, però, di sommovimenti ideologici mi pare eccessivo. Non trasformiamo le galline in aquile.
E' anche luogo comune che i furbi, brulicanti sempre attorno agli esecutori deficienti, ci ricamino sopra di tutto sui fatterelli (e più sono fatterelli e più i furbi fanno i furbastri). L’odio per gli ebrei non è ancora del tutto sedimentato, il ritorno ad un nazismo dinoccolato e da strapaese serpeggia. A qualcuno fa comodo manipolarlo e buttarlo sul mercato, non per eccesso di raffinatezze politologiche ma per esibizionismo mediatico.
Hyllard Eriksen dice: “Nella società della informazione bisogna essere assolutamente capaci di difendersi dal 99,99% delle informazioni che ci vengono offerte e di cui non abbiamo assolutamente bisogno”.
È ora di comprendere che una pallottola a salve attraverso l’informazione può diventare una bomba micidiale. Manovratori-giocolieri si specializzano nel prendere frammenti di rumore, plasmarli e impastarli fino a convertirli in messaggi dotati di esplosivo.
Lo asserisce Bauman e conclude, con mia meraviglia, dichiarando “che in larga misura sono processi casuali”. Sta qui, credo, l’aspetto più destabilizzante di questi micro episodi. Nascono disordinati e caratteriali, ma ricadono qualche minuto dopo, attraverso l’informazione affrettata e gonfiata, con un peso sproporzionatamente ingigantito.
Cinque balordi che qualcuno ha etichettato come professionisti, tagliano in tre pezzi uno dei simboli più sofferti della storia, certamente ignorando che nel contempo un delicatissimo passaggio sulla beatificazione di Papa Pacelli, avrebbe fatto diventare esplosivo un fatterello degno di un bullista di quartiere.
Si è scomodato mezzo mondo. Gli agenti polacchi hanno chiesto la cooperazione dell’Interpol e dell’Europol, presidiando aeroporti, confini e tutte quelle località sensibili al misfatto. Difficilmente mi lascio affascinare dai fatti che da qualche tempo creano dissesti esasperati.
Anche questa volta sono per banalizzare e dissacrare il triste episodio. Ne approfitterei invece per ritornare su pagine di storia con le nervature ancora scoperte perché elaborate da cattiverie inumane e da cervelli bestiali.
Fa bene, nel periodo di Natale, scoprire lo smisurato bisogno di mitezza che ognuno di noi custodisce nel cuore. La pace non può essere solo un risultato chirurgico ben riuscito o un arcobaleno spuntato sui cimiteri e sugli ospedali da campo.
La pace genuina sa rendere fratelli anche quelli che erano nemici e sa svergognare i portatori “sani” di odi tribali. Il presepio non deve fermarsi solo nel riscaldare l’angolo del salotto di casa e tanto meno esaurire i suoi sogni sotto il pino in piazza Duomo a Milano.
Sono maturi i tempi per credere che fra i popoli più difficili e tra le civiltà più irascibili la parola pace possa trovare un posto anche fuori dal vocabolario."

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